Il Decreto Legislativo n. 151/2001 [“Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità”], nel disciplinare “i congedi, i riposi, i permessi e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli naturali, adottivi e in affidamento, nonché il sostegno economico alla maternità e alla paternità”, reca in sé un complesso di norme davvero importante per la tutela e il sostegno della famiglia.
Una delle più rilevanti, anche alla luce della durata del beneficio che è in grado di assicurare, è certamente quella contenuta nell’art. 42 bis in cui il Legislatore, recependo le direttive comunitarie dirette a tutelare l’istituto della famiglia, ha previsto che: “1. Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda.
2. Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione“.
La norma rientra inequivocabilmente tra quelle poste a tutela dei valori inerenti la famiglia e, in particolare, la cura dei figli minori in tenerissima età con entrambi i genitori impegnati in attività lavorativa, assicurati dagli art. 29, 30, 31 e 37 della Costituzione i quali, nel postulare i diritti-doveri dei genitori di assolvere gli obblighi loro assegnati nei confronti della prole, promuovono e valorizzano gli interventi legislativi volti a rendere effettivo l’esercizio di tale attività.
Lungi dal mirare a riconoscere un beneficio al lavoratore, dunque, nell’esclusivo interesse del minore, vero soggetto debole della tutela, l’art. 42 bis D.lgs. n. 151/2001 ha la finalità precipua di favorire il ricongiungimento di entrambi i genitori ai figli ancora in tenera età e la loro contemporanea presenza accanto ad essi nella fase iniziale della loro vita, garantendo, in tal modo, la massima unità familiare e salvaguardando esclusivamente le esigenze organizzative e funzionali della P.A., allorché pone quale condizione di applicabilità del beneficio la “… sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva”.
Il prodotto della volontà legislativa è stato quindi un istituto volto a garantire il diritto del figlio sia naturale che adottivo a godere dell’assistenza materiale e affettiva di entrambi i genitori durante i primi anni di vita, come tradito anche dal fatto che la norma è contenuta nell’ambito del Testo Unico in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, nel contesto della c.d. legge sui congedi parentali (L. 8.3.2000 n 53).
Il richiamo della norma alle “amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni”, fa sì che del beneficio possano goderne i dipendenti di tutte le amministrazioni dello Stato e, pertanto, tutti i dipendenti di:
Il beneficio dell’assegnazione temporanea disciplinato dall’art. 42 bis del D.Lgs. 151/01 può essere richiesto in presenza dei seguenti presupposti soggettivi in capo al richiedente:
Dal punto di vista oggettivo, altresì, l’accoglimento dell’istanza è subordinato alla verifica della sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva ed all’assenso delle amministrazioni di provenienza e di destinazione. L’istanza, per questo, dovrà essere inoltrata sia all’amministrazione di provenienza (per il rilascio del nulla osta) che a quella di destinazione (per l’adozione del provvedimento di accoglimento).
La norma prevede che “Il genitore con figli minori fino a tre anni … può essere assegnato … per un periodo complessivamente non superiore a tre anni….”.
È evidente, pertanto, che il beneficio possa estendersi al massimo per tre anni. Ciò è stato chiarito dal Dipartimento della Funzione Pubblica che con parere 192 del 4 maggio 2004, ha chiarito l’inciso “Il genitore con figli minori fino a tre anni …” indica il requisito soggettivo dell’età del bambino, entro il quale può essere richiesto il beneficio, laddove invece quello “per un periodo complessivamente non superiore a tre anni…” indica la durata massima che lo stesso potrà avere indipendentemente dall’età del minore.
Secondo la Giurisprudenza dominante, l’art. 42 bis, in deroga a qualsivoglia ulteriore configgente portato normativo, con l’unico limite obiettivo della disponibilità di posti ed in presenza degli specifici requisiti soggettivi, configura in capo al lavoratore richiedente un diritto soggettivo non assoluto e incomprimibile, ovvero, “diritto condizionato”, quello che la giurisprudenza amministrativa in materia qualifica come “interesse legittimo” cedevole di fronte a riconosciute superiori esigenze organizzative dell’Amministrazione, identificabili con il buon andamento del servizio (Tar Lazio-Roma, sez. I quater, 22.3.2007, n. 2488).
Tale inquadramento ha visto d’accordo anche tutta la Giurisprudenza del Lavoro che, implicitamente o esplicitamente, nell’esaminare le istanze avanzate dallo scrivente in favore di insegnanti e personale amministrativo del comparto scuola della P.A., da Sondrio a Lecce, si è posta sulla stessa linea.
Certamente non si è di fronte ad una mera facoltà in capo all’amministrazione di concedere discrezionalmente il trasferimento di sede, alla luce del principio di completezza dell’ordinamento giuridico che non ammette vuoti normativi né norme inutili o ridondanti. Ed infatti, pur utilizzando, il legislatore, l’espressione “il genitore… può essere assegnato”, non può essere taciuta la necessità di attribuire alla norma una qualche utilità, un “quid pluris” che altrimenti verrebbe a mancare, se si lasciasse il lavoratore in balia della discrezionalità della P.A. di concedere il consenso in presenza degli altri requisiti (età del figlio, presenza del posto in organico). Ciò è tanto più ragionevole ove si consideri che, se non fosse riconosciuta all’art. 42 bis la portata di un vero e proprio diritto soggettivo, nei limiti anzidetti, la norma non avrebbe una effettiva utilità nell’ambito dell’ordinamento. Anche senza la disposizione in parola, infatti, ben potrebbe il datore di lavoro accordare, su richiesta del lavoratore, l’assegnazione temporanea, sulla scorta dei propri poteri di organizzazione del personale (poteri che già gli erano riconosciuti certamente prima della novella), senza perciò dover essere vincolato ad un precipuo obbligo.
Del resto, pare evidente che, anche aderendo a quella minoritaria Giurisprudenza che ritiene sussistere in capo alla P.A. una mera facoltà di accogliere o meno l’istanza, tale facoltà avrebbe bisogno di ben precisi limiti, consistenti nel carattere non arbitrario e strumentale delle decisioni, affinché il vaglio della stessa non si risolva nell’esercizio da parte della P.A. di un potere meramente discrezionale, affrancato da qualsiasi controllo e sindacato anche da parte del Giudice. In questa direzione conduce l’onere di motivare il diniego posto dall’art. 42 bis in capo alla P.A., di modo che, verificata la congruenza e consistenza delle motivazioni addotte, l’interessato, prima, ed eventualmente l’organo giurisdizionale, poi, possano verificare la correttezza del suo operato.
La finalità del Legislatore di favorire il ricongiungimento di entrambi i genitori ai figli ancora in tenera età e la loro contemporanea presenza accanto ad essi nella fase iniziale della loro vita, richiederebbe, da parte delle PP.AA., un’attenta analisi delle istanze e, conseguentemente, una motivazione congrua e seria, idonea a far sì che il minore, soggetto debole cui si è inteso assicurare tutela, non venga ingiustamente privato dell’affetto e delle cure di entrambi i genitori.
Purtroppo, ancora oggi, non sono pochi i casi in cui le amministrazioni esitano negativamente le istanze, ricorrendo spesso a motivazioni sterili e formule vuote. Occorre pertanto non accettare passivamente le immotivate (o mal motivate) decisioni della PA, impugnandole davanti Giudici del lavoro ed amministrativi che, per fortuna, le hanno sin qui pesantemente censurate non poche volte. Da questo punto di vista, lo sforzo profuso dallo scrivente nella specifica questione, da ché è stata affrontata per la prima volta e sino ad oggi, è stato sempre massimo e tale continuerà ad essere, patrocinando e presenziando personalmente alle udienze di fronte all’organo Giudicante al fine di assicurare il maggiore sforzo per il raggiungimento dell’obbiettivo finale.
Anche il docente con figli di età inferiore a 3 anni può godere dei benefici previsti dall’art. 42bis d.lgs. 151/01 in materia di ricongiungimento familiare.
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